Piange ed è molto scossa per il gesto che ha compiuto. Continua a dire di essere pentita e che Felice le manca. Allo stesso tempo chiede aiuto per uscire dal tunnel della tossicodipendenza. Ha bisogno di cure, soprattutto psichiatriche.

È quanto sostiene la difesa della ventisettenne nel carcere di Rebibbia da mercoledì scorso, dove è stata accompagnata dopo la confessione del delitto del suo compagno, il ventiquattrenne morto per una coltellata al cuore il 31 maggio scorso nell'abitazione di via Guardaluna, a Ceprano, dove viveva insieme alla ragazza Celani. E proprio lei, dopo i primi due interrogatori durante i quali ha sostenuto che Felice si fosse ferito da solo, stessa affermazione riferita a un vicino subito dopo il delitto, è crollata.

Si trova nel reparto di infermeria del carcere femminile romano e ieri mattina ha ricevuto la visita del suo legale, Alessio Angelini. Il suo avvocato tornerà a trovarla la prossima settimana, insieme alla psicologa e criminologa Roberta Bruzzone, sua consulente di parte. Si è in attesa ora della perizia psichiatrica, disposta dal Pm, che arriverà a breve e sulla base della quale si deciderà anche una eventuale diversa collocazione di Pamela.

Sin da subito le investigazioni venivano orientate nei confronti della compagna di Felice, presente all'atto degli eventi e che, nell'immediatezza e successivamente, aveva sempre sostenuto che fosse stato lo stesso Lisi ad infliggersi il colpo mortale nel mentre discuteva animatamente con lei per futili motivi. Tesi che la donna, come detto, aveva continuato a confermare anche nei due precedenti interrogatori a cui era stata sottoposta dal magistrato inquirente sia in quello sostenuto nella stessa giornata del rinvenimento del cadavere sia in quello svolto alcuni giorni dopo.

Continuando a non convincere la versione della donna, venivano svolti approfondimenti sia di natura tecnico – scientifici sia attraverso tradizionali attività di indagini. Per quelli scientifici, personale della rilievi del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale dei Carabinieri di Frosinone, congiuntamente ai consulente del P.M., personale del Ris di Roma nominato per l'esigenza e alla dottoressa Bruzzone, incaricata dalla controparte, eseguivano accesso sulla scena del crimine riuscendo a ricostruire una verosimile dinamica di quanto fosse avvenuto attraverso l'analisi e lo studio del posizionamento delle tracce di natura ematica rinvenute sul pavimento e in alcuni punti di una parete nonché le impronte da calpestio ed altri segni riconducibili all'evento.