Cinque anni senza avere giustizia. È disperato il grido di dolore delle famiglie Humber e Carapellotti di Paliano e Genazzano. Il 28 aprile sono trascorsi cinque anni dalla morte, per un "megacolon tossico", come emerso dall'autopsia, di Ilaria Humber, 13 anni. Da allora è stata avviata un'inchiesta della procura di Velletri che ha portato al rinvio a giudizio di undici persone tra medici e paramedici all'epoca dei fatti in servizio all'ospedale di Colleferro, dove la piccola morì il giorno dopo il ricovero.

Il procedimento giudiziario per appurare eventuali colpe mediche tra i sanitari che ebbero in cura Ilaria ha fatto pochissimi passi in avanti. Il dibattimento, infatti, non è mai stato aperto. E - denunciano i familiari della ragazzina, che si sono costituiti parte civle, e gli avvocati Filiberto Abbate e Carla Parmeggiani - anche la prossima udienza il 9 maggio, rischia di saltare: il presidente del collegio potrebbe astenersi per una incompatibilità. L'ultima parola spetterà al presidente del tribunale, ma il rischio - paventano i legali - è quello di un rinvio. Con la prescrizione che si avvicina a grandi passi: a fine 2019 l'azione penale non potrà più essere esercitata, per cui non resterà che l'azione civile.

Diversi i capi di imputazione: al medico di turno del pronto soccorso è contestato l'essersi disinteressato dalla paziente «benché abbia poi sottoscritto il relativo referto, non osservando le linee guida in materia di medicina d'urgenza».

Secondo le accuse gli elementi in possesso dei medici, compresi i pediatri, avrebbero dovuto far insorgere «il sospetto clinico di megacolon (abnorme distensione del colon)». Avrebbero allora omesso «i doverosi approfondimenti diagnostici, non richiedendo alcuna consulenza e visita di un medico chirurgo». Sarebbero state omesse le «opportune terapie dirette a rimuovere la dilatazione del colon». Accuse rivolte anche ai medici che, al cambio di turno, avrebbero dovuto occuparsi della ragazza. A uno dei medici è contestato l'essersi allontanato «inopinatamente, poiché smontante di turno, sebbene la paziente versasse in "condizioni generali gravissime" senza ultimare le attività mediche di competenza».

A sette imputati contestati i reati di falso per avere, in concorso tra loro, alterato la cartella clinica «aggiungendo false annotazioni... volte a coprire possibili responsabilità mediche» e per aver «omesso di riportare nella cartella clinica» le attività mediche compiute. Contestata l'omissione di atti d'ufficio per aver rifiutato di eseguire l'esame autoptico, poi eseguito su richiesta del padre della ragazza.