La notte tra venerdì e sabato Emanuele decide di trascorrere una serata al Miro. È in compagnia di Ketty Lisi e di altri ami- ci. Per una banale lite dovuta a un cocktail di lì a poco perderà la vita. I suoi assassini lo massacreranno, a suon di calci e pugni, più volte. Fino al colpo fatale alla testa. Ma chi ha ucciso quel ragazzo? E perché? Le domande continuano a rimbalzare come biglie impazzite dentro un flipper. E le ombre su questa vicenda sono piuttosto evidenti, fino a coinvolgere quanti pensano di essere al di sopra di ogni sospetto e tentano di seppellire la verità. Non c'è, infatti, una plausibile risposta a un delitto così efferato. E la tela invisibile che avvolge la vicenda è composta anche da un'evidente omertà. Anzi a parlare sono fin troppe persone ma gli inquirenti vogliono capire se quel fiume di informazioni acquisite rispondono a realtà.

Qualcosa sull'omicidio Morganti non convince. A cominciare da chi quella sera era presente sulla scena del crimine e ha rilasciato dichiarazioni all'autorità giudiziaria e ai carabinieri. Tanto che ormai per risolvere il caso è stato costituito un vero e proprio pool di magistrati. A farne parte, oltre al procuratore Giuseppe De Falco e al pm Vittorio Misiti, anche il sostituto procuratore Adolfo Coletta. Gli inquirenti stanno leggendo e rileggendo i verbali per confrontare se quanto riferito dai cento testimoni risponde a realtà. O se qualcuno, nel tentativo di mistificare la verità, dica solamente quel che gli fa comodo. In primis vanno chiarite le cause che hanno generato la rissa. In molti si domandano come mai il buttafuori albanese invece di portare via dal locale Domenico Paniccia abbia allontanato Emanuele. Forse una vecchia ruggine dovuta a qualcosa che ancora non è stato detto? Rimangono, infatti, da verificare i momenti intercorsi tra il diverbio interno al locale e l'inizio della scazzottata, terminata con lo sproporzionato epilogo finale. È come se nella ricostruzione mancasse un tassello ben preciso: quello che mette Emanuele nelle mani di un branco inferocito. È davvero difficile credere che il banale litigio all'interno del Miro sia sfociato un delitto davvero bestiale.

C'è poi tutto il mistero che ruota intorno alla figura del buttafuori albanese. Dalle forze dell'ordine è impossibile avere conferme, ma pare che Pjetri Xhemal sia sparito il giorno successivo al delitto. In ogni caso risulta irrintracciabile al cellulare e dei quattro è l'unico che non ha rilasciato una sua versione dell'accaduto ai media. I vicini di casa sostengono di non vederlo ormai da diversi giorni. Forse ha solo deciso di spostarsi in un'altra abitazione? Secondo indiscrezioni nella vicenda sarebbe coinvolta pure una ragazza di origini albanesi sentimentalmente legata a qualcuno di Tecchiena, per la quale ci sarebbe stata una lite risalente a qualche tempo fa.

Ma la questione ruota anche attorno alle ferite mortali che non sarebbero compatibili, almeno stando alla prime risultanze, con quelle di un manganello di legno. Le stesse, infatti, delle dimensioni 9,5 per 3,5 centimetri, a quanto pare sono state provocate da una chiave per smontare i bulloni, oppure da uno sfollagente. Se così fosse, perché nessuno dice chi ave- va tra le mani il secondo oggetto? E dove è finito? Strano, pure, che il procuratore Giuseppe De Falco, nel corso della conferenza stampa successiva al fermo di Mario Castagnacci e Paolo Palimisani, abbia parlato di un'indagine testimoniale. Tradotto potrebbe significare che la telecamera di sorveglianza, sistemata nella zona per riprendere movimenti sospetti in prossimità del palazzo dove sorgono gli uffici del giudice di pace, non abbia ripreso proprio nulla. Eppure il sindaco Morini dice che i filmati sono stati consegnati agli inquirenti. Forse sono poco chiari e quindi inutilizzabili? E inoltre come mai il Comune di Alatri che sapeva che il Miro era un circolo privato, realizzato in un sottoscala, non si è mai chiesto se vi fossero condizioni minime di sicurezza e rispetto delle norme che regolano le attività dei circoli privati? Forse un'azione preventiva avrebbe evitato un sovraffollamento e possibili risse. Assordante pure il silenzio dei proprietari dello stesso circolo che non hanno mai detto nulla agli organi di informazione. Quella sera erano anche loro al Miro? Se sì, qualcosa avranno pur notato. Perché non dirlo pubblicamente? Di certo c'è che hanno mostrato ai carabinieri l'elenco degli iscritti al circolo Arci. E forse, anche grazie a quelle tessere, gli investigatori potranno effettuare ulteriori interrogatori nei confronti di coloro che invece di collaborare alle indagini si sono dati alla fuga prima dell'arrivo dei carabinieri. Da codardi. Insomma quell'angolo buio dove Emanuele è stato trovato accasciato, trucidato in maniera infame con un'arnese di ferro, nonostante la luce dei lumini lasciati in suo ricordo, è ancora avvolto nelle tenebre.