Uno tsunami didattico che rischia di finire nel burrone delle polemiche sul razzismo.
Da una parte i dirigenti scolastici, e dall’altra madri e padri che considerano troppo alto il numero di alunni extracomunitari che da settembre frequentano le scuole elementari. «Ne avevamo già parlato negli anni passati - ha tuonato una madre - c’era il rischio di rallentare il lavoro degli insegnanti e l’apprendimento dei nostri figli. Questi bambini non parlano neanche italiano e vengono inseriti nelle classi di ogni grado, come fa un bambino che non parla la nostra lingua a seguire le lezioni in terza, quarta o quinta elementare? Andrebbe fatto per loro un percorso di integrazione scolastica ad hoc. Sarebbe più giusto per tutti».

Inizia così quella che potrebbe essere definita una guerra affrontata per strada e mai nelle sedi ufficiali, condotta con poca informazione e disponibilità a risolvere i problemi, ma anche con criticità per i giovani studenti di Cassino. Nessuno osa parlare apertamente ma si cercano soluzioni concrete e così i genitori dopo le prime settimane di scuola hanno iniziato a protestare con insegnanti e dirigenti fino ad arrivare, in qualche caso non più così sporadico, a spostare i figli in altre classi, scuole pubbliche o private. «Io preferisco pagare e fare sacrifici - ha detto un papà - non perchè non accetto il diverso, ma perchè non concepisco questo tipo di gestione superficiale. Se un bambino rallenta tutta la classe e i nostri figli tornano a casa lagnandosi perchè la maestra è troppo presa a gestire le crisi del compagno appena arrivato, allora io come genitore devo tutelare il mio bambino e offrire lui il meglio che posso».

A confermare le paure di alcuni genitori considerati troppo apprensivi arriva uno studio, condotto da Andrea Ichino, professore di Economia politica all’Università di Bologna, in collaborazione con Rosario Ballatore e Margherita Fort dal titolo «The Tower of Babel in the Classroom». Lo studio dimostrerebbe che una presenza massiccia di bambini stranieri nelle classi porterebbe i bambini italiani ad apprendere di meno e a far calare i loro risultati nei test. Dalla ricerca emerge che sostituendo un italiano con un immigrato in una classe della seconda elementare, la frazione di risposte corrette degli italiani nei test Invalsi si riduce del 12% in italiano e del 7% in matematica (dati relativi al 2009-10). Dalla seconda elementare alla quinta, tuttavia, i risultati degli alunni migliorano, il che evidenzia che i bimbi italiani riescono ad integrare gli stranieri, ma in tempi relativamente lunghi.