Chi conosce poco i Rolling Stones pensa che la più grande rock-band del mondo poggi principalmente sulle doti da intrattenitore e sulla vena artistica del cantante Mick Jagger. Chi, invece, gli Stones li bazzica da una vita, sa quanto sia stato importante, nel corso dei 50 anni di carriera del gruppo inglese, l'apporto di Keith Richards. E' l'altra faccia della medaglia rispetto a Jagger: i due sono lo yin e lo yang che hanno incantato le platee e gli ascoltatori di tutto il mondo per mezzo secolo. E che continuano a farlo. Ma se la carriera solista del cantante è stata caratterizzata da pochissimi alti ed una infinità di bassi, per quanto riguarda “Keef” la questione è diversa.

Richards ha pubblicato da poco il suo terzo lavoro da solista: si intitola “Crosseyed Heart” e arriva a 23 anni di distanza da “Main Offender” e a 28 dall'esordio senza gli Stones, il notevole “Talk is Cheap”. Nel disco emergono chiaramente tutti i generi musicali che hanno influenzato il modo di suonare e di comporre del settantaduenne chitarrista londinese. C'è il rock'n'roll, ovviamente, ma anche i suoi antenati: il blues, che lo ha svezzato in età infantile e adolescenziale con i vari Muddy Waters e Robert Johnson, ma soprattutto il country, che Richards ha sempre adorato e spesso riproposto in alcune composizioni per le “Pietre Rotolanti”.

Il primo singolo estratto, invece, è stonesiano al 100% e ricorda vagamente le canzoni più recenti della band: “Trouble” è il classico pezzo che ci si aspetterebbe da Keith Richards, ma allo stesso tempo uno dei meno originali presenti sul disco. E' il classico hit che resta in testa al primo ascolto, ma non rende del tutto onore all'atmosfera complessiva dell'album che, come detto, spazia tra tutti i generi. C'è anche il reggae, un amore mai nascosto dall'artista di Dartford. Provare per credere: la cover di “Love Overdue” non ha nulla da invidiare all'originale di Gregory Isaacs, anzi la esalta e la rende più attuale.

Sia chiaro: Keith Richards non ha una gran voce. A volte è addirittura palesemente stonato, ma il suo modo di cantare vi catturerà: perché incarna alla perfezione l'anima rock'n'roll che non ha mai ambito alla perfezione, bensì a fare presa sul cuore e sullo stomaco di chi ascolta. E uno che ha scritto brani come “Satisfaction”, “Paint it Black” e “Gimme Shelter”, di emozioni ne sa qualcosa. Provare per credere: “Robbed Blind”, forse il miglior pezzo dell'intero disco, è una splendida ballata country sussurrata; stesso discorso per la title-track, che fonde alla perfezione blues e, appunto, country. La delicata, soffusa trama musicale di “Just a Gift” e “Lover's Plea” ha come contraltare pezzi più rock come “Heartstopper”, “Amnesia” e “Substancial Damage”.

Avvalendosi di musicisti di caratura internazionale come il batterista Steve Jordan (co-autore della maggior parte delle canzoni e co-produttore) e lo straordinario Bobby Keys, sassofonista scomparso alla fine del 2014 e fedele spalla dei Rolling Stones per oltre quarant'anni, oltre a Norah Jones, con la quale Richards duetta in “Illusion”.

Ci ha fatto aspettare più di due decenni, ma “Keef” è un chitarrista (e un compositore) di un tale spessore artistico che sembra incapace di scrivere brani scadenti o banali. Le quindici canzoni che compongono “Crosseyed Heart” grondano ispirazione. A dimostrazione del fatto che, anche a settant'anni suonati, il fuoco del rock'n'roll continua a bruciare nella sua anima. Gli basta imbracciare una chitarra: quello che ne verrà fuori sarà inevitabilmente splendido. Sarà anche un “nonnetto”, come molti sostengono, ma è dieci spanne sopra rispetto a qualsiasi giovanotto offra oggi il mondo della musica. Del resto, la classe non è acqua: per Keith Richards, ci scommettiamo, è whisky.