La storia di Paola Magni, questo il nome della ricercatrice, è comune a tanti cervelli in fuga dall’Italia. Eccetto per un particolare. La giovane ha risolto il giallo del lago di Bracciano, incastrando il presunto omicida della ragazza di origine di Alatri Federica Mangiapelo. Ma si è anche occupata dell’omicidio di Serena Mollicone.
Il caso, sulla scia di altri simili, sull’onda delle proteste dei ricercatori italiani costretti a trovare la propria strada all’estero, è stato rilanciato dalle colonne del quotidiano la Repubblica. Magni, 35 anni, entomologa torinese è a Perth, Western Australia.
Purtroppo per lei ha scelto di occuparsi di un settore, naturalistica e criminalistica, per il quale in Italia - ha spiegato nella lettera - «non possono catalogarti e chiuderti dentro». Racconta così la sua storia: «Mentre insegnavo matematica e scienze alle scuole medie ho pubblicato un testo didattico di entomologia forense che è ora usato da studenti universitari, patologi e forze dell’ordine; ho messo su una app per smartphone per aiutare le forze dell’ordine sulla scena del crimine; ho lavorato per svariate Procure della Repubblica, insegnato a carabinieri e polizia, lavorato con l’Fbi, fatto ricerca (gratis) con diverse Università italiane (da cui svariate pubblicazioni internazionali). Ho “risolto” casi di omicidio, anzi, di femminicidio... ha presente il delitto del Lago di Bracciano? io sono quella delle diatomee nei vestiti che hanno incastrato l’assassino...»
Ma come tante menti brillanti, per l’entomologa piemontese in Italia non c’è posto. Ora fa ricerca e insegna all’università. E ai suoi studenti di certo non consiglia di fare un semestre di studi in Italia.
La stessa si è occupata del caso di Serena Mollicone. Lo ha rivelato in una vecchia intervista al Giornale. Questa la risposta alla domanda sul caso più difficile affrontato: «Quello della povera Serena Mollicone, la diciottenne di Arce assassinata nel 2001. Anche perché è stato riaperto dopo 10 anni e ho dovuto lavorare sui resti dei vestiti che indossava. Ho trovato uova, larve e residui disidratati di insetti mai analizzati prima. Questo ha permesso di limitare la tempistica del decesso».