Il teatro fa mettere in discussione e oggi le persone preferisco trascorrere il tempo libero distraendosi. L'opinione di Fabrizio Vona esemplifica il rapporto che attualmente lega il pubblico alla cultura. E spiega come una forma d'arte quale quella del teatro talvolta sa essere più apprezzata nelle province che nei grandi centri.

Vona fa parte della compagnia "Bon voyage – Frosinone teatro" e gli ultimi spettacoli con i quali ha girato l'Italia sono stati "Parenti serpenti" e "Sogno di una notte di mezza estate", in cui ha lavorato con Lello Arena e Isa Ranieri, sotto la regia di Luciano Merchionna. A novembre sarà il coprotagonista, insieme a Christopher Lambert, nel prossimo film del regista Alberto Gelpi, che verrà prodotto da una compagnia canadese e dalla Vargo film di Alessandro Riccardo.

Come ti sei avvicinato alla recitazione?
«Ho iniziato ad avere questo desiderio verso i vent'anni. Poi, mentre concludevo gli studi in giurisprudenza, mi sono iscritto all'Accademia internazionale dell'attore di Augusto Zucchi di Roma, che oggi non esiste più».

Come è proseguito poi il tuo percorso?
«Dopo questo biennio ho dedicato un altro anno alla specializzazione. Dopodiché è iniziato il calvario che vive ogni attore. È stato difficile all'inizio, ma credo che negli ultimi anni sia diventata ancora più complessa la strada per chi vuole intraprendere questa carriera».

Quando hai capito che sarebbe stata la tua strada ?
«Non lo so spiegare, per me non c'è stato un momento preciso. Ho dato ascolto a una voce che veniva dal profondo».

Perché credi sia importante il teatro per una società?
«Come Rudolf Steiner, ritengo che il teatro, come il cibo, oltre a soddisfare sul momento, nel lungo periodo faccia bene anche all'anima. La grande arte in generale fa questo. Con l'arte si dona qualcosa di sé agli altri, quindi credo sia importante perché permette lo sviluppo della persona e fa entrare in relazione più soggetti. Oggi si è soli».

È un problema di quest'epoca?
«No, per nulla. La solitudine del singolo è iniziata con Amleto e il suo dubbio. Solo che oggi nell'arte le persone cercano il divertimento più che la riflessione».

Il teatro può essere entrambe le cose…
«Sarebbe opportuno fare un distinguo: il teatro può essere anche intrattenimento, però credo ci siano differenze tra la risata provocata da un cabarettista e quella che può scaturire dalla prosa».

Come si potrebbe risolvere questo equivoco?
«Bisogna lavorare sull'educazione e far scoprire la bellezza della conoscenza. Finché l'arte sarà considerata un lusso non le verrà data la giusta importanza».

Hai lavorato in passato sul territorio?
«Sì, ad esempio con le Officine culturali della Regione Lazio. Ce n'erano due in provincia e funzionavano bene».

Per quanto riguarda il capoluogo, come vedi la situazione?
«Siamo un po' indietro sulla cultura. La stagione teatrale sta registrando successo. Forse però si potrebbe fare di più, siamo un capoluogo di provincia e dovremmo averlo presente. Non ci possiamo accontentare».

In che modo si potrebbe fare di più?
«Gli spazi ci sono. Lo stesso Nestor potrebbe ospitare altri progetti, o la Casa della cultura, magari creare una scuola di teatro».

A breve girerai un film importante, che avrà una distribuzione internazionale. Qual è il rapporto che unisce il teatro e la settima arte?
«Credo abbiano tecniche molto differenti, si recita in entrambi ma non sono la stessa cosa. Nel cinema è la telecamera a cogliere l'attore, nel teatro è l'attore a dare qualcosa al pubblico».