Alessandra Liuzzo, 47 anni, è una psicologa specializzata nella diagnosi e nel trattamento della balbuzie. Di lei colpisce il sorriso dolce e aperto che invita allo scambio di parole, di stati d'animo, di emozioni. Già, le parole... ora veloci, ora lente. Ora spezzate con i silenzi a segnare il ritmo. Alessandra lavora con e sulle parole aiutando chi "claudica" a ritrovare un proprio equilibrio.

Dottoressa Liuzzo, il balbuziente è un claudicante della parola?
«La metafora, coniata dall'antropologo francese Robert Tocquet, è pertinente. Alcuni studiosi hanno definito la balbuzie come "claudicazione psico-linguistica intermittente". Del resto questo disturbo della parola e della comunicazione si caratterizza proprio per l'irregolarità dell'eloquio. Generalmente il normale fluire è interrotto da involontarie ripetizioni e prolungamenti di suoni, sillabe, parole, intere frasi o da pause e blocchi».
Il 2-3% della popolazione mondiale ne è affetta. Quanto incide il disturbo sulle relazioni sociali?
«Di solito la balbuzie non si limita alla mera difficoltà di comunicazione, ma si accompagna a comportamenti secondari come ansia, tensione, stress, vergogna, paura, atteggiamenti di fuga e senso di inferiorità. Può sollecitare nei pazienti sentimenti negativi e generare forti ripercussioni sulle relazioni interpersonali, sul percorso scolastico, sull'ambiente lavorativo e, più in generale, sulla qualità della vita. Per questo motivo non se ne possono ignorare gli aspetti psicologici e comunicativo-relazionali».
In che età può fare la sua comparsa?
«Essendo un disordine evolutivo, l'insorgenza si colloca generalmente nella prima infanzia (dai 18 ai 41 mesi), quando le abilità linguistiche, cognitive e motorie sono interessate da un rapido processo di maturazione e sviluppo. La quasi totalità dei bambini che balbetta inizia a farlo entro i quattro anni».
Ne soffrono più i maschi o le femmine e perché?
«La balbuzie riguarda più il sesso maschile (in una proporzione di 4 a 1) e la remissione del sintomo è considerevolmente più frequente nelle bambine. Non esiste ancora un'ipotesi unitaria sulle origini. La sua genesi è complessa e dipende da fattori fisiologici, psicologici, ambientali e linguistici. Entrano in gioco problemi fonologici, sensibilità del bambino, eventi stressanti, emotività, ansia, perfezionismo e anche predisposizione genetica e differenze legate al sesso».
Cosa direbbe a un bambino per difendersi dalla derisione tra i banchi di scuola?
«Direi di non vivere la balbuzie come una malattia, una sventura o qualcosa di cui vergognarsi. A scuola, la presa in giro, per quanto a volte dolorosa, è molto frequente. I bambini trovano mille spunti per deridere i compagni. Parlare in classe della balbuzie – argomento poco conosciuto – può essere un modo per limitare o eliminare del tutto scherno e derisione. Se gli altri bambini comprendono il problema, sono meno propensi a ridicolizzare il compagno che balbetta».
E ai suoi genitori?
«Li tranquillizzerei, facendo loro presente che sono reperibili molte risorse per aiutare i bambini a parlare più fluentemente, a sentirsi più a proprio agio, a essere più fiduciosi nella loro abilità di comunicare. I genitori devono imparare ad accettare la balbuzie del proprio figlio, non devono colpevolizzarsi e non devono mai vivere l'esperienza come un fallimento del ruolo genitoriale o come una delusione».
Qualche consiglio pratico?
«Essere dei buoni comunicatori, per fornire un modello verbale che potrà essere facilmente appreso e riprodotto dal bambino; privilegiare il contatto oculare; usare un tono di voce rilassato e lento; non anticipare il pensiero del proprio figlio, ad esempio completando le sue parole; lasciargli tutto il tempo di cui ha bisogno per esprimere il suo pensiero, ricordando sempre che le sue abilità linguistiche sono in continua evoluzione».

La dottoressa Alessandra Liuzzo è referente regionale dell'Aibacom onlus (Associazione italiana balbuzie e comunicazione) e di Punto parola (Centro italiano balbuzie). Riceve, su appuntamento, a Roma, a Frosinone e nel Poliambulatorio Specialistico Biolab, a Castelmassimo di Veroli.