Un sindaco presente e puntuale, che preferisce i rimpianti ai rimorsi, che vede la vita in bianco e non in nero, pronto a partire sempre, romantico ma molto vicino al calore del fuoco. Uno a cui interessa essere più che apparire, che preferisce i banchi della maggioranza a quelli dell'opposizione, che al cuore antepone la mente e al sesso l'amore. E che il 21 marzo scorso ha compiuto 50 primavere.

Avere cinquant'anni significa essere? «Diversamente giovane».

Lei in tre aggettivi? «Riflessivo, allegro, attento».

Un bilancio del suo primo mezzo secolo? «Un percorso ricco di esperienze diverse, dall'arte all'impegno civico».

L'augurio per il primo compleanno da sindaco? «Di poter dare risposte concrete alle tante problematiche della comunità».

L'età più bella? «Indubbiamente l'adolescenza, dove credevamo con la mia generazione di essere pronti per giocare in serie A».

Il ricordo più bello, e quello più brutto, di questi 50 anni? «La nascita delle mie figlie e un grave incidente familiare».

Un uomo che prende ad esempio di vita? «Mio padre».

Da professore che voto si attribuisce da sindaco? «La sufficienza perché è doveroso dare ancora molto di più rispetto agli obiettivi che ci siamo posti».

Da quanti anni insegna? «Da quindici anni».

Che rapporto ha con i suoi alunni? «Di grande empatia».

L'arte è per tutti? «L'arte deve essere per tutti perché solo la bellezza può salvare il mondo».

Che carattere ha? «Espansivo, ma allo stesso tempo riflessivo. Spesso viene scambiato per timidezza e introversione».

Roberto De Donatis non fa mai a meno di? «Un piatto di pasta, se non è a pranzo, è a cena».

Il suo piatto preferito? «Spaghetti aglio, olio e peperoncino».

Cura il suo look? «Poco, per la verità».

I suoi hobby? «Un buon libro, gli scacchi e quando è possibile una partita a calcetto con gli amici».

La sua scala dei valori? «Famiglia, fede, amici».

Ha mai detto bugie? «Sì».

Il viaggio più bello? «A Gerusalemme».

È credente? «Molto».

La sua canzone preferita? «Roadhouse Blues».

Il suo sogno nel cassetto? «Vedere realizzata la cittadella della scuola».

Tre sogni realizzati? «Diventare architetto, papà e il sindaco di Sora».

Quando si è avvicinato al la politica? «Nel 2006 fui chiamato dall'allora candidato sindaco Cesidio Casinelli, il quale svegliò in me una passione piuttosto assopita da altri interessi e trovai in lui un uomo serio, capace, di grande umanità e sentii che l'impegno civico doveva trovare una sua strada in quello politico».

Che sindaco vorrebbe essere? «Il sindaco di tutti i cittadini sorani, sia quelli che mi hanno sostenuto, ma soprattutto di quelli che non lo hanno fatto. È fondamentale per un sindaco sentire vicina la propria comunità».

Si sente più Roberto o più sindaco di Sora? «Sempre più Roberto».

La sua giornata tipo? «Sveglia alle 7 con lettura dei giornali locali, nazionali e internazionali. Se non vado a scuola (attualmente ho orario ridotto), vado in Comune ne dalle 9 alle 14. Pausa pranzo e di nuovo in Comune fino alle 20. È così dal lunedi al venerdì. Week-end con la famiglia».

La politica le ha più dato o più tolto? «La politica è una passione e bisogna mettere sul bilancio delle esperienze sia le soddisfazioni sia le amarezze».

Un politico che ammira? «Due, Berlinguer e Pertini».

Come si augura di vedere la sua città tra quattro anni? «Con un futuro migliore per i nostri figli, più cantieri per le scuole, una condizione ambientale più sostenibile, una viabilità migliore, qualche azienda riaperta e nuovi posti di lavoro».

Il motto della sua vita? «Audere semper».

Foto Claudio Papetti