«Siamo stati miracolati, la situazione di casa nostra era devastante, a me e Mirco è crollato il pavimento sotto e stavamo finendo giù col letto in bilico su una trave, tutto nel buio più totale e mangiando polvere, con rumori di massi che crollavano (Dio ha voluto che il tetto nostro fosse stato rifatto da due mesi). Siamo riusciti ad aggrapparci alla finestra per miracolo vedendo uno spiraglio di luce e ci siamo calati giù con un lenzuolo».

Inizia così uno dei post che Alessandra Cellupica, 32 anni, della frazione di Porrino, di Monte San Giovanni Campano, ha scritto sulla sua bacheca Facebook. Parole che fanno venire i brividi, che toccano il cuore. Quella notte del 24 agosto alle 3.36, c’era anche lei ad Amatrice, paese “spazzato” via da una violenta scossa. Era in una casa di Amatrice con il suo fidanzato Mirco Mancini, 38 anni, di Pomezia ma residente ad Ardea, atleta di Ironman. Familiari e amici sono stati in ansia e apprensione per la ragazza quando hanno saputo che ad Amatrice c’erano stati purtroppo crolli e vittime. È stata proprio lei, a raccontare sul social network il dramma e ad a rassicurare tutti i suoi cari. Alessandra era con il fidanzato Mirco, con la mamma del ragazzo e la zia, nel paese reatino per trascorrere qualche giorno di vacanza a casa proprio della zia del trentottenne.

«La mamma e la zia di Mirco sono state salvate con la scala da qualcuno - continua nel racconto Alessandra - Erano separate da noi da un buco enorme, ma per fortuna con il pavimento della loro stanza intatto. Lo scenario era da film horror, fuori sembrava essere esplosa una bomba. Miracolati. Non faccio altro che pensare a chi non è stato fortunato come noi, a tutte le vittime. Che tragedia.

Sono molte le cose incredibili della nostra vicenda, ogni tanto me ne viene in mente qualcuna. Si dice che lo sport fa bene alla salute, nel nostro caso forse ci ha salvato la vita. La scaltrezza del mio amore Mirco Mancini nel salire nel buio totale sulla porta finestra a pochi secondi dal nostro sicuro precipitare nel vuoto, la mia agilità nell’arrampicarmi e salire e scendere più volte da un lenzuolo dal terzo piano per portare su una torcia e poi mettermi in salvo. Spesso quando facevo spettacoli aerei senza nessuna protezione a 5-8 metri d’altezza immaginavo di cadere e schiantarmi a terra, di farmi male prima o poi con quello sport, invece nel momento peggiore della mia vita, un lenzuolo steso per caso sul balconcino è apparso ai miei occhi un bellissimo tessuto aereo, il mio attrezzo preferito, pane per i miei denti.

La cosa che mi fa raccapricciare è che dal primo giorno che ho visto quella casa, in tutte e tre le occasioni in cui sono stata lì, appena la guardavo da fuori pensavo che avrei voluto appendere il mio tessuto bianco su quel balconcino, proprio in quel punto, per allenarmi, ma mi rendevo conto che era poco distante dalla parete per fare evoluzioni, lo dissi anche a Mirco. Porca miseria, quel tessuto ce l’ho messo davvero alla fine». Tanti i commenti di gioia di parenti e amici postati sulla bacheca Facebook dei due ragazzi. Ragazzi miracolati, scampati alla morte.Â