È un regista, musicista, sceneggiatore e produttore. Ha collaborato con alcuni dei più bravi artisti italiani come Ennio Morricone, Sergio Leone e Gigi Proietti. Ma soprattutto è un ciociaro doc. Stefano Reali, classe 1957, è nato e vissuto a Frosinone.

Anche se oggi non abita più qui, la sua terra la porta nel cuore e nel capoluogo ciociaro ci torna. Eccome se ci torna, «almeno due volte a settimana per venire a trovare mia madre. Ci sono numerosi ricordi che mi legano a Frosinone». Diplomato in musica jazz presso il conservatorio di Frosinone "Licino Refice", la musica non l'ha mai abbandonata, anche se poi nella vita ha anche e soprattutto fatto altro.

Sabato sera sarà ospite del "Festival Nazionaledei Conservatori Italiani – Città di Frosinone" in piazzale Vittorio Veneto, dove eseguirà con la sua band un racconto-concerto sulla musica di George Gershwin. Il regista non solo parlerà delle sue esperienze professionali ma farà un excursus sul mondo della cultura, del cinema, della musica, ma soprattutto parlerà alle nuove generazioni «dei sogni da perseguire, anche se apparentemente privi di concretezza».

Reali, quanto ha influito la musica nella sua vita?
«La musica nella mia vita è stata sempre presente. È una passione che coltivo sin da quando ero bambino... anche se, dopo il mio diploma in musica jazz, mi è stato consigliato di scegliere un'altra strada».

Che ricordi ha di quel periodo?
«Di ricordi ne ho tantissimi, ed anche molti tra i più belli. C'era un direttore all'epoca, Daniele Paris. Conosceva nome per nome tutti gli studenti. Il conservatorio stava praticamente nascendo e mai avremmo pensato di entrare a far parte di quel vortice bello e meraviglioso quale poi è stato».

Perché ha deciso subito dopo il diploma di "abbandonare" la sua passione?
«Più che abbandonata direi accantonata per un bel po'. Fu lo stesso direttore Paris a consigliarmi di lasciar perdere la musica. Mi ricordo che mi disse che nella vita non avrei mai fatto il musicista. E in qualche modo gli ho dato ragione. In quel periodo c'erano veramente molti allievi in gamba come ad esempio Pietro Liberati, Luigi De Santis e Maurizio Turriziani, diventati tutti in seguito dei grandi concertisti. Ed io decisi di lasciarla, anche se ho continuato a lavorare per anni come arrangiatore discografico. Paradossalmente è grazie alla musica che sono riuscito a prendere un'altra strada, visto che a vent'anni fui preso come direttore di coro e insegnante di solfeggio nel "Laboratorio di arti sceniche" di Gigi Proietti. Quando vidi Proietti fare la regia delle scene con i suoi allievi, capii che quella poteva essere la mia strada. E così feci la domanda per essere ammesso al Centro sperimentale di Cinematografia. E fui preso. Anni prima avevo avuto la fortuna poi di incontrare il compositore Ennio Morricone, quando ancora facevo il primo anno di conservatorio. È stato per pochi mesi insegnante di composizione per poi però andare via. Anni dopo sono stato assistente regista di Sergio Leone nel film "C'era una volta l'America", dove ebbi la possibilità di conoscere Ennio Morricone. Fu lui, dopo aver musicato cinque miei film a consigliarmi di farmi da solo le mie colonne sonore. Ed è stato solo grazie alla sua benedizione, che ho osato farlo. Nel tempo ho composto quattordici colonne sonore, anche per altri registi, sotto pseudonimo».

Cosa si sente di consigliare non solo agli studenti del conservatorio, ma a tutti i giovani?
«Semplicemente lo stesso consiglio che hanno dato a me: dedicarsi ai loro sogni, inseguire i loro sogni, o comunque ciò che sarebbero pronti a pagare loro pur di ottenere. Di non andare dietro all'apparente guadagno facile e di non arrendersi mai. Inseguire i propri sogni, anche se all'apparenza possono sembrare privi di concretezza, significa dare un senso alla propria vita. Non farlo significa passare poi la vita a rimpiangere di non averlo fatto».