Terremoti al centro dell’inaugurazione dell’anno accademico. Terremoti e costruzioni in un ateneo che, dopo le scosse telluriche del passato, ha avviato con successo un processo di pacificazione interno. A chiudere la pericolosa faglia che si era creata nell’era precedente ci ha pensato un altro rettore-ingegnere – Giovanni Betta – che, zolla dopo zolla, ha compiuto un lavoro certosino per colmare la voragine tra Lettere e Ingegneria ma anche quella all’interno della stessa facoltà degli ingegneri come pure nel dipartimento di Economia e Giurisprudenza.

Ecco allora che si potrà guardare con occhio clinico e cuore felice a questa trentottesima inaugurazione dell’anno accademico e affrontare il tema caldo dei terremoti che purtroppo stanno martoriando l’Italia centrale, dando alla scienza il ruolo che le compete, quello di protagonista attiva nei processi di studio, di tutela, di prevenzione.

È tutto pronto per accogliere, alle 11 di martedì 31, nell’aula magna del Campus, la prolusione della professoressa Maura Imbimbo, prima donna a tenere la lezione inaugurale. E lo farà affrontando il tema “Terremoti e costruzioni: cosa può o non può fare la scienza”. Interverrà anche il geologo Mario Tozzi con “Gli eventi catastrofici non esistono”.

Proprio lui, Betta, che l’anno scorso aveva stupito tutti con la sua esortazione – dal sapore papale – a non avere paura rivolta ai “suoi” ragazzi, stavolta ha un nuovo messaggio-guida all’interno del suo discorso. Nella precedente edizione aveva invitato gli studenti a superare gli steccati del timore che imprigionano l’azione per tuffarsi nel mare aperto del futuro. Perché le sfide vanno ingaggiate a pieno viso, senza tentennamenti.

Ecco allora che l’i mpavido Betta mette sul piatto accademico un’altra paura da affrontare, quella dei terremoti. Mostro imperituro contro il quale hanno provato a combattere generazioni e generazioni. Vuole offrire “una lezione” affinché venga guardato a viso aperto, facendo leva soprattutto sulla prevenzione e sul “sistema” di conoscenze che possono contribuire a indebolire, mattone dopo mattone, fenomeni spaventosi e spaventevoli come il nemico-terremoto. E darà sfoggio del suo maggiore vanto: la comunità accademica.

Quest’anno al centro del suo pensiero ci saranno gli uomini e le donne che compongono l’ateneo. Quei prof che hanno ritrovato vitalità nell’azione sotto la guida di chi vuole essere appena un “primus inter pares”; che ama la parola “coinvolgimento” piuttosto che un’ottica accentratrice e personalistica. Loro, dai delegati all’ultimo ricercatore, sono la linfa vitale dell’accademia che nasce non solo con uno scopo di erudizione ma di insegnamento e di educazione. Per lanciare lo studente, ormai uomo, nella vita, dalla sua quotidianità alle grandi competizioni.

Eccola la missione di Betta: in un ateneo di piccole dimensioni i grandi sogni dei “padri” che allevano una generazione di persone formate, coscienti e pronte a percorrere le strade della professione con dignità. E con quella marcia in più che può dare una comunità dove lo studente non è una matricola ma sopravvive quel rapporto personale con ciascuno, lontano dall’insegnamento di massa, calato sulla realtà e sui soggetti.