Che si tratti di una domenica d’agosto, di un giorno di ferie o di una fuga improvvisa sulla strada del mare, è la spiaggia la meta dei nostri miraggi, quelli agognati tutto l’inverno e poi maledetti, in coda nel traffico o tra le file di sdraio stipati sotto l’ombrellone.
La traversata comincia sempre col buonumore, armati di orca galleggiante spiaggiata sul portapacchi e sguardo schermato dagli occhiali da sole, e col referendum da parte del conducente sull’utilizzo dell’aria condizionata, abrogato con entusiasmo da buona parte dei passeggeri, salvo pentirsene al mattino seguente bloccati a letto col torcicollo, che se anche volessimo fare spallucce e pensare ‘’oramai è andata così’’ ricorderemmo piuttosto lo slancio fisico di Giulio Andreotti.
La radio è boicottata dal cd di Battisti, consumato e re-inciso da cori affiatati, e il selfie di lato con la linguaccia annuncia i fasti di un’imminente vittoria dell’impegno quotidiano (?) battuto dal dolce far niente e sancita dalle dita che contano 2.
Giunti al lido, cornetto e cappuccio, vulnerabili tuttavia alla tentazione della pizzetta rotonda. E sfilate le infradito, non ancora disteso l’asciugamano, ci si affretta a raggiungere la riva, per tastare col piedino che l’acqua sia a temperatura, ‘’gelata’’ per alcuni ma ‘’un brodo’’ per altri, e il caso vuole che il bagno debbano farselo insieme. Si farà la media e chi schizza è un infame…
Partono passeggiate kilometriche che manco a Santiago de Compostela, e se temerari falliti disperano di rivedere i loro cari, altri nello stesso stato di smarrimento millantano addirittura di aver raggiunto continenti inesplorati, ma a Colombo andò meglio e non tornò col fiatone.
Match a racchettoni sempre impari si svolgono ai danni della palletta sfinita, costretta a tuffarsi ogni 2 per 3 e nell’agonia ci si spazientisce ma con il sorriso, pronti a cedere il partner al primo malcapitato offerente, ancora inconsapevole o se possibile più scarso dell’altro.
Cantieri di bambini accampati sul bagnasciuga edificano castelli e scavano fosse in cerca di vermi da dare in pasto al granchio di turno preso in ostaggio, e con chi di sgarbo ferisce e schiaccia il castello la legge del karma agisce puntuale: stai pur certo che, prima o poi, centrerai anche la buca, e il prezzo dell’ignoranza lo pagherai col menisco.
Carrellate di vucumprà sfilano in jeans e Jelly Shoes e offrono cose e lezioni di stile indomito all’afa, e quello che ottengono sono acquirenti che trattano al punto che guadagnano loro. Svoltato il braccialetto paghi 1 prendi 9, un pasto frugale e poi pennica all’ombra, e sarà proprio in quel momento che un neonato inizierà ad  ululare.
Svegli  in tempo per scoprirsi spaesati e con ustioni  di grado non inferiore al secondo, destati dal poetare del venditore di cocco che lo adula (‘’bello’’ cit.) per renderlo più appetitoso, la digestione è scampata, bagnetto e poi break. È  tempo di briscola sotto al chiosco con i capelli ancora bagnati, ma non prima di aver sciolto l’amletico dubbio del gelato da selezionare sul tabellone, perché il Magnum si rinnova con grande inventiva ma il Cremino è sempre il Cremino.
Coppie di innamorati si scrivono ‘t’amo’ sulla sabbia rasentando il clima equatoriale congiunti nell’abbraccio e infligendo al loro idillio come pena la liquefazione.
Tardi oramai per il pedalò che tutti vogliono e nessuno si piglia, ma nella menzogna  si continuerà a sincerarsi di prenderlo la prossima volta.
Un saluto al tramonto e una targa con la foto delle proprie ciabatte a chi le ritrovi spaiate e impaurite e mentre si tengono le ricerche al volo due colpi senza girelle di biliardino. Il parcheggio è scaduto: ciao mare, si va.
Sulla via del ritorno va in ferie Battisti e resta spenta la radio ma nel silenzio si sogna la doccia scrosciare, mentre allo specchietto si stimano i risultati dell’abbronzatura, per alcuni di bronzo, per altri da sbronzo, con le guanciotte arrossate di Heidi.
Sbatti bene le scarpe ma la casa è il Sahara, strizzi i costumi e li stendi in balcone e dalla borsa si fa largo il granchio, in asilo politico, impigliato ai bracciali. Cocomero a cena e odore nell’aria di zampirone e doposole Bilboa. A domani torcicollo, a presto Mare ne’.
Durano di più le giornate di mare… almeno ancora il tempo di andare a sgonfiare l’orca galleggiante, in apnea sul tettuccio.