Il sindaco Nicola Ottaviani farà le primarie da uscente. La notizia è stata accolta nel gelo della coalizione di centrodestra. Perché tanto vince lui? Perché è inutile dal momento che poi si dovrà affrontare la campagna elettorale vera e propria? Forse. Ma magari c'è dell'altro. In ogni caso, che partecipi per il secondo mandato o decida di staccare la spina, che vinca o che perda, le primarie rappresenteranno un primo test su chi è destinato a raccogliere il "testimone" dell'attuale primo cittadino. Magari il secondo classificato (appare obiettivamente difficile pensare che Ottaviani possa perdere le primarie) potrebbe essere indicato come vicesindaco e iniziare a lavorare per concorrere da protagonista assoluto la prossima volta. Il discorso potrebbe riguardare Carlo Gagliardi, Fabio Tagliaferri, Danilo Magliocchetti, Riccardo Mastrangeli, Adriano Piacentini, Gianfranco Pizzutelli. Eppure, nessuno ha detto: "Bene le primarie, anzi mi candido da subito". Segno che questo metodo di scelta dei candidati non spaventa soltanto il centrosinistra (il Pd è rimasto scottato più volte), ma adesso perfino il centrodestra. Le primarie non significano soltanto partecipazione e apertura alle istanze della base e dei cittadini. Le primarie significano anche organizzazione, capacità di mobilitazione e voglia di mettersi in gioco, di competere. Non è semplice perché, soprattutto in una provincia come quella di Frosinone, gli accordi politici si sono raggiunti per decenni attorno ad un tavolo, con pochi big protagonisti. Adesso però il mondo è cambiato, le percentuali di affluenza precipitano e alla fine se uno vuole in qualche modo provare ad accendere qualche entusiasmo non ha altre strade. Però, siccome il sette volte presidente del consiglio Giulio Andreotti ha insegnato a tutti che "a pensare male si fa peccato, ma spesso si indovina", allora vuoi vedere che l'allergia alle primarie nasconde anche il timore di arrivare... terzo, quarto, quinto o sesto?