"It", il clown che ha terrorizzato generazioni di bambini e adolescenti, torna in libreria in una nuova edizione tascabile (si fa per dire, data la mole del libro) che anticipa l'uscita del primo dei due film incentrati sulla maestosa opera di Stephen King.

"It" è probabilmente il romanzo più famoso del "Re dell' horror" Stephen King. Pubblicato nel 1986, rappresenta l'apice della carriera dello scrittore statunitense: nelle oltre 1000 pagine che compongono il libro, infatti, trovano spazio e compiutezza di analisi alcuni dei temi più cari a King, come ad esempio quello della perdita dell' innocenza in età pre-adolescenziale e quello del Male "sotterraneo" che riemerge in superficie a chiedere il suo tributo di sangue dopo un lungo letargo.

La trama, pur essendo molto articolata, può essere riassunta in maniera schematica: un gruppo di ragazzini fra gli 11 e i 12 anni, nel corso dell' estate del 1958, scoprono che nella sonnolenta cittadina di Derry, dove loro vivono, c'è una sorta di entità maligna che si ciba di esseri umani, in particolare di bambini; la creatura è in grado di assumere qualsiasi forma (come ad esempio quella del clown Pennywise), in base alla paura di chi si trova di fronte. It si nutre del terrore perché "rende più saporita la carne". Ma la sua forma non è mai la stessa, cambia a seconda della vittima: una volta apparirà come una mummia, un' altra come un lupo mannaro, o persino come il padre (morto in Corea) di uno dei ragazzi. I sette giovani affrontano It nella sua tana nelle fogne di Derry, e credono di essere riusciti ad ucciderlo, fino a quando, 30 anni dopo, nella cittadina del Maine riprendono le sparizioni e gli omicidi: il Male è tornato dopo un lungo sonno. I ragazzi di allora (che avevano chiamato la loro combriccola "Club dei Perdenti") sono ormai adulti, e non ricordano più nulla di quanto accaduto a Derry tanti anni prima: sarà Mike Hanlon, l'unico rimasto in quel paesino di provincia, a richiamarli, uno per uno, memore della promessa fatta quando erano poco più che bambini.

Uno di loro, Stan Uris, non reggerà all'orrore della notizia: si taglierà le vene nella vasca da bagno e, con il suo stesso sangue, scriverà sul muro "IT". Tutti gli altri cominciano a ricordare quei terribili fatti man mano che si avvicinano a Derry. King utilizza infatti dei continui flashback, che permettono ai due piani narrativi (quello passato, del 1958, e quello presente, del 1985) di proseguire parallelamente, in un perfetto meccanismo di climax che tende ad evidenziare le analogie e le differenze fra i Perdenti bambini e quelli adulti, quarantenni. Bill Denbrough, il cui fratellino Georgie fu ucciso da It trent'anni prima (il libro inizia proprio con la descrizione dell' "adescamento" operato da Pennywise nei confronti del bambino), è diventato un celebre scrittore dell' orrore; il timido ed ipocondriaco Eddy Kaspbrack vive ancora con la madre iperprotettiva, mentre Bev Marsh, che durante l'infanzia aveva dovuto subire le violenze del padre, si è legata ad un uomo duro e autoritario proprio come il genitore.

Il fatto che i sei protagonisti tornino a combattere l'entità maligna simboleggia dunque il ritorno a galla delle paure infantili, che dopo tanti anni ancora fanno breccia nella psiche umana, nonostante questa si sia data da fare per seppellirle nel subconscio. Riuniti, i Perdenti spaventano It, incapace di imporre  il suo gioco di terrore su di loro. Stavolta gli ex-bambini avranno la meglio, nonostante sia inevitabile il sacrificio di uno loro. It è morto, non tornerà mai più.

La completezza di quest'opera, come detto, sta nella molteplicità delle tematiche e dei simboli che essa propone. Il Male strisciante, sepolto sottoterra (le fogne sono il luogo ideale per rappresentare metaforicamente il subconscio) riemerge per nutrirsi, portando con sé disastri di ogni genere: ad ogni ritorno di It corrisponde una tragedia o comunque qualcosa di orribile che accade a Derry. Il Male, dunque, possiede la tranquilla cittadina e tutti i suoi abitanti, ridotti quasi alla stregua di marionette mosse da un essere superiore.

"Può un intera città essere posseduta?
Posseduta come si dice che siano certe abitazioni? (…)
Che cosa si ciba a Derry? Che cosa si ciba di Derry? (pp. 158-159)"

Ma non solo: nei suoi interludi, redatti a mo' di diario, Mike Hanlon riflette sui tragici avvenimenti che hanno accompagnato ogni "risveglio" di It. King ci offre una visione "ciclica" del Male (come già accaduto ne "L'Ombra dello Scorpione"), che torna dopo essere rimasto sopito per anni.

"Io penso che ciò che era qui prima è qui ancora, la cosa che era qui nel 1957 e 1958; la cosa che era qui nel 1929 e nel 1930 quando la Legione della Rispettabilità Bianca diede alle fiamme il Punto Nero; la cosa che era lì nel 1904 e 1905 e all'inizio del 1906, almeno fino all' esplosione delle Ferriere Kirchener; la cosa che era lì nel 1876 e 1877, la cosa che si è manifestata ogni ventisette anni circa. Qualche volta viene un po' prima, qualche volta un po' più tardi… ma viene sempre." (p. 162)

L'infanzia assume in questo senso il ruolo privilegiato di età innocente, non ancora corrotta, e perciò difficile da affrontare per It: solo i bambini, infatti, sono in grado di vedere le sue molteplici manifestazioni; gli adulti non possono "perché non ci credono". Si tratta di fede in quanto tale, spogliata di qualsiasi veste puramente religiosa. Sono memorabili i capitoli in cui King scrive utilizzando la focalizzazione su It, mettendo a nudo anche le sue, di paure: nemmeno la personificazione del Male, una sorta di Satana alternativo, è immune allo stato d'animo più potente di tutti, quello che per eccellenza tendiamo ad identificare con l'essere bambini. Ecco dunque che la creatura si trasforma da carnefice a vittima:

"Ancora loro. It li sentiva arrivare, guadagnare terreno e la sua paura crebbe. Forse It non era eterno, dopotutto: bisognava finalmente pensare l' impensabile." (p. 1178)

Il loro legame affettivo, simboleggiato dal cerchio che creano dandosi la mano quando It li insidia, è la loro salvezza, l'arma vincente che sconfiggerà, una volta per tutte, il Male. L'amore, ovviamente. E, a questo proposito, assume grande valenza il "rito di iniziazione" durante il quale, uno ad uno, i ragazzini fanno l'amore con Beverly, per suggellare una unione suprema, imperitura: non c'è nulla di erotico o scabroso, nella descrizione dell' episodio, bensì un' atmosfera di tenerezza mista a sacralità. King sembra volerci dire che solo affrontando (e sconfiggendo) le paure di quando eravamo bambini riusciremo a crescere davvero: perché proprio l' infanzia custodisce la nostra essenza vera, perché se il corpo e la mente cambiano con il passare degli anni, l'anima resterà sempre la stessa.

"E se ti dai tempo per un' ultima riflessione, forse è per dedicarla a dei fantasmi… i fantasmi di alcuni bambini fermi nell' acqua al tramonto, in circolo, a tenersi per mano, giovani, senza incertezze, ma soprattutto risoluti… abbastanza risoluti da dare origine alle persone che saranno, abbastanza risoluti da capire, forse, che dalle persone che diventeranno dovranno necessariamente nascere le persone che sono state in precedenza prima di potersi rimettere a cercare di comprendere il semplice fatto della mortalità. Il cerchio si chiude, la ruota gira e altro non c'è.
Non c'è bisogno di girarsi a guardare per vedere quei bambini; parte della mente li vedrà per sempre, vivrà con loro, li amerà sempre. Non sono necessariamente la miglior parte di noi, ma sono stati un tempo depositari di tutto ciò che saremmo potuti essere. (....)
Allora vai senza perdere altro tempo, vai veloce mentre l'ultima luce si spegne, vattene da Derry, allontanati dal ricordo… ma non dal desiderio. Quello resta, tutto ciò che eravamo e tutto ciò che credevamo da bambini, tutto quello che brillava nei nostri occhi quando eravamo sperduti e il vento soffiava nella notte.
Parti e cerca di continuare a sorridere. Trovati un po' di rock ‘n' roll alla radio e vai verso tutta la vita che c'è con tutto il coraggio che riesci a trovare e tutta la fiducia che riesci ad alimentare. Sii valoroso, sii coraggioso, resisti.
Tutto il resto è buio." (pp. 1235-36)